Pippo Rizzo (Corleone, 6 gennaio 1897 – Palermo, 5 marzo 1964)
Pippo Rizzo nasce a Corleone il giorno dell’Epifania del 1897, in un antica palazzina di piazza Nascè, al cui pianterreno il padre Nino gestisce il ristorante Stella d’Italia. Il locale, collocato al centro della città, è un luogo di passaggio per molti clienti, più o meno importanti. L’Ing. Torregrossa è tra questi e, osservando i disegni che il giovanissimo Rizzo traccia su ogni ritaglio di carta, ne intuisce le doti artistiche e consiglia al padre di fargli frequentare l’Accademia di Belle Arti a Palermo. Qui, dopo gli studi tecnici, diventa allievo di Ettore De Maria Bergler, Salvatore Marchesi, Ernesto Basile, Mario Rutelli e Vincenzo Ragusa.
A 18 anni consegue il diploma di pittura. Nel 1918 fonda nel suo paese, nella bottega di un barbiere, il Circolo di cultura giovanile Rinnovamento, i cui intenti sociali e politici, oltre che artistici, Rizzo chiarirà in un articolo su «il Tempo» di Roma molto tempo dopo. In questi anni entra in rapporto epistolare con Filippo Tommaso Marinetti, leader del Movimento Futurista, che gli risponde entusiasta, inviandogli il Manifesto del Movimento e un suo libro con dedica: “A Pippo Rizzo e al suo ‘Rinnovamento’ con simpatia futurista Marinetti”.
Nel 1919 Rizzo si trasferisce a Roma: conosce di persona Marinetti, ha modo di frequentare lo studio di Balla
– ubicato di fronte a Villa Borghese – e gli artisti che vi gravitano come Bragaglia, Depero, Dottori, Prampolini, Cambellotti e altri. Il soggiorno romano è determinante per consolidare la sua adesione al movimento futurista e per avviarne la diffusione anche in Sicilia, una volta ritornato nel 1922. L’anno prima gli viene dedicata una mostra al Teatro Quirino di Roma, inaugurata da Angelo Musco, dove espone 76 opere firmate Pippo Rizzo Trentacoste, in omaggio allo zio scultore Domenico Trentacoste, fratello della madre, ormai da anni dimorante a Firenze. Tornato a Palermo, viene ospitato in vicolo Malfitano nello studio di Giovanni Varvaro, che in quel periodo si trasforma nel cenacolo culturale più vivace e attivo della città. Il 15 novembre di quell’anno inaugura alla Galleria Interguglielmi di Palermo la sua prima personale. Alla fine del 1924, il 6 dicembre, sposa Maria Carramusa, con la quale si trasferisce prima in via Serradifalco, poi in via Vincenzo di Pavia, dove apre la Casa d’Arte futurista, punto di riferimento per i più interessanti artisti e uomini di cultura della città, nonchè unica casa d’arte a sud di Roma.
Alla vitalità della Casa d’Arte Futurista collabora attivamente anche la moglie, specialmente nella produzione di arazzi, tappeti e cuscini; negli stessi anni nascono le figlie, nel ‘25 Elica e nel ‘32 Alba. A partire dalla metà degli anni Venti, Rizzo inizia anche un’intensa attività espositiva e di promozione del Futurismo siciliano nell’isola e in Italia: nel ’25 espone molti prodotti di arte applicata, con alcuni dipinti futuristi, al Caffè del Teatro Massimo di Palermo e alla I Mostra d’Arte Primaverile siciliana presso il Circolo della Stampa, sempre all’interno del Teatro Massimo. Nel 1926 espone a Villa Gallidoro a Palermo e alla Sala futurista della IV Biennale di Reggio Calabria, allestita da Enzo Benedetto. Nello stesso anno è invitato a Berlino per partecipare alla mostra Die Abstralden e alla XV Biennale di Venezia, dove espone nella sala dedicata per la prima volta ai futuristi. Tra le opere che presenta ci sono “I Lampi”. L’anno successivo, progetta e organizza a Palermo la grande Mostra Futurista Nazionale nei locali del Circolo di Cultura, Mondanità e Sport, II Convegno di Palermo, nell’edificio del moderno Supercinema. La mostra che coinvolgeva tutti i più importanti artisti futuristi del momento venne inaugurata da Marinetti. Sempre nel ’27 è presente alla Quadriennale di Torino, a Roma con una collettiva e poi in una personale da Bragaglia, a Milano alla Galleria Pesaro nella mostra Trentaquattro Artisti Futuristi e a Bologna, alla Casa del Fascio. Dal 1927 al 1930 partecipa alle Biennali di Arti Decorative di Monza e nel 1928 allestisce a Taormina, all’interno della Prima Mostra Nazionale d’Arti Decorative, una sala con mobili e oggetti di arte applicata futurista insieme con gli amici Vittorio Corona e Giovanni Varvaro. In quell’anno partecipa alla XVI Biennale di Venezia con il dipinto “Football” (oggi disperso) e poi nuovamente nel 1930 con nove dipinti e alcuni oggetti d’argento.
Negli anni Trenta comincia ad avvicinarsi ai modi stilistici della corrente Novecento,
promossa da Margherita Sarfatti, guardando soprattutto alla poetica di Carrà e al suo nuovo realismo. E’ presente in quasi tutte le Sindacali siciliane dal ’28 al ’42 e dal ’28 al ’32 è segretario dei Sindacato fascista degli artisti siciliani, che guida con energia e grazie al quale contribuisce a far conoscere alcuni tra i migliori pittori e scultori siciliani sul piano nazionale.
Nel 1929 è a Barcellona alla Mostra Internazionale d’Arte, a Palermo alla Mostra d’Arte Sacra e, insieme con giovani artisti emergenti siciliani, a Roma alla Camerata degli Artisti. Nello stesso anno, per il ventennale del movimento, cura il numero unico «Arte Futurista Italiana 1909-1929», in cui compaiono le firme di Marinetti, Balla, Fillia, Prampolini, Corona, Varvaro, Civello, Benedetto e dell’allora giovanissimo Renato Guttuso. Insieme con l’amico artista Paolo Bevilacqua dirige fino al 1930 il «Bollettino dell’Arte», una rivista che diventa subito uno strumento prezioso di aggiornamento e di informazione per tutto il circuito artistico palermitano. Nel settembre 1930 espone a Buenos Aires nella grande Mostra del Novecento italiano organizzata da Margherita Sarfatti – unico siciliano con Alberto Bevilacqua–, nel ’31 è con altri artisti palermitani alla Dante Alighieri di Tunisi, alla I Quadriennale di Roma, organizzata da Cipriano Efisio Oppo (in cui presenta “La dipartita”), e ancora a Palermo in una personale con lo scultore Benedetto De Lisi al Circolo degli Artisti. Alla fine dell’anno espone anche ad Oslo, a Copenaghen e infine a Baltimora alla Exhibition of Contemporary Italian Paintings. Nello stesso anno organizza la Mostra dei Giovanissimi al Circolo Artistico per conto del Sindacato, in cui espone anche il giovane Renato Guttuso, suo allievo. Nel ‘32 apre in via Stabile a Palermo la Bottega dell’Arte, legata al Sindacato, dove propone, sebbene per poco tempo, opere dei giovani colleghi partecipanti alle Sindacali siciliane. È nuovamente a Venezia alla XVIII Biennale e nel ’33 si trasferisce per un anno a Roma in qualità di docente di Pittura all’Accademia di Belle Arti, in quell’anno gli viene allestita una personale nella galleria di Dario Sabatello in via del Babbuino, in cui è presente “Amore puro” che viene acquistato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Nel ’34 partecipa ad una collettiva del Sindacato laziale ai Mercati Traianei e alla XIX Biennale di Venezia.
Nel ’35 ritorna a Palermo, ma partecipa a Roma alla II Quadriennale e, con i ventisette artisti scelti da Dario Sabatello per conto della Direzione Generale Italiani all’Estero, espone in diverse città americane come Washington, New York, Buenos Aires, Montevideo, in una nuova edizione dell’ Exhibition of Contemporory Italian Paintings. Prima del ’36 con Ferruccio Ferrazzi affresca a Roma una parte dei Palazzo dell’Augusteo, oggi distrutto e lo studio della poetessa Edvige Pesce Gorini. Nel ’36 è nominato direttore dell’Accademia di Palermo, partecipa alla III Sindacale d’Abruzzo, alla XX Biennale di Venezia e nel dicembre dello stesso anno ha una personale al Circolo della Stampa, esponendo numerose nuove opere. In questi anni si dedica con cura e insistente ricerca all’incisione producendo acqueforti anche su carta di papiro – per primo in Italia – che sceglie e acquista a Siracusa.
Nel ’37 espone a New York per il club Amici dell’Arte, a Varsavia alla mostra II Paesaggio Italiano e a Napoli alla II Mostra Nazionale del Sindacato Artisti. Partecipa, inoltre, nella sua città, con altri grandi artisti italiani, alla Mostra Sessanta Artisti Italiani, organizzata da Lia Pasqualino Noto nella Galleria Mediterranea, all’interno degli spazi dello storico Palazzo De Seta a piazza Kalsa, prima galleria privata sorta a Palermo grazie all’infaticabile azione di promozione culturale svolta dall’amica Pasqualino. Nello stesso palazzo lo troviamo anche nella VIII Mostra Interprovinciale dei Sindacato e nel ’39 alla Mostra sindacale per le Celebrazioni dei Grandi siciliani, poi al Premio Bergamo e a Roma, dove si è di nuovo trasferito con la famiglia durante gli anni della guerra, alla III Quadriennale. Nella capitale, nonostante i tempi difficili che il conflitto bellico impone, stringe tra via Margutta, via del Babbuino e il Caffè Aragno, rapporti con i più interessanti artisti del circuito romano, tra cui Giorgio De Chirico, Tosi, Omiccioli, Gentilini e Greco, e con i maggiori galleristi del tempo. Nel ‘40 espone soprattutto acqueforti alla XXII Biennale di Venezia ed è presente nella mostra di inaugurazione della Galleria romana Il Tevere, di cui per un anno è direttore artistico.
Sempre a Roma partecipa, ai Mercati Traianei, alla IX Mostra del Sindacato laziale Belle Arti e alla XXXII Mostra della Galleria di Roma, dedicata agli artisti siciliani.
Durante la guerra espone anche a Milano nel ’41, al Palazzo delle Arti, alla III Mostra Nazionale del Sindacato Artisti e alla Galleria Pietro Grande con alcuni nudi. Successivamente, è presente nel Palazzo della Gran Guardia a Verona e al Palazzo della Ragione a Bergamo per i Premi omonimi.
Nel ’43 è tra gli artisti che partecipano alla IV Quadriennale,
di cui è anche membro della giuria, e nel `44 e ’45 allestisce due personali alla Galleria San Marco di via del Babbuino, dove abita. Finita la guerra, tornato a Palermo, insegna all’Accademia di Belle Arti di Palermo, della quale diventa direttore. Ritorna a vivere in via Serradifalco e nel febbraio ’46 partecipa alla prima mostra postbellica, organizzata nella Galleria A.I.R. di via Rosolino Pilo, e poi Mazara del Vallo, provincia di Trapani, insieme agli amici Dixit, Rosone e Santostefano nella mostra, che avrà altre due edizioni fra il ‘47 e ’48, per poi essere bissata quarant’anni dopo nel 1988, a cura di Antonina Greco. Una nuova Galleria palermitana, la 2 A + C, inizia una breve ma interessante attività espositiva, in cui Rizzo aderisce con una personale nell’aprile del 1947. Continua a partecipare sistematicamente alle Biennali di Venezia fino al 1955 e alle Quadriennali di Roma, e le sue opere vengono esposte anche in altre città come Genova, al Circolo Artistico Lumen (luglio 1949), e sempre a Roma al Premio Roma per la Pittura, e alla Mostra L’arte nello vita del Mezzogiorno d’Italia. Continua anche un’intensa attività giornalistica in quotidiani e riviste, nel 1936 peraltro aveva pubblicato per la casa editrice La Tradizione un volume di prose, Cenacoli, paesaggi, incontri, cui aveva affidato sensazioni, ricordi e appunti per riflessioni pittoriche. Negli anni Cinquanta il mondo dei paladini e dell’arte dei pittori di carretto diventano un polo d’attrazione e ispirazione: nascono così i suoi `’omaggi” ai paladini e gli omaggi ai maestri dell’arte contemporanea da Picasso a Carrà, da Matisse a De Chirico, da Arp a Léger.
Nel 1955 gli vengono allestite sei personali tra Rovereto, Palermo, Milano (Galleria di Ettore Gianferrari, Galleria Il Naviglio, Galleria di Stefano Cairola) e Roma, dove lavora con la Galleria La Barcaccia, la Galleria Alibert e la Galleria di Barbaroux. Espone anche a Legnano e a Venezia (Galleria Il Cavallino di Carlo Cardazzo).
A Roma è di nuovo direttore dell’Accademia di Belle Arti dal ’60 al ’62,
tappe che gli consentono di conoscere e frequentare altri artisti, scrittori e storici dell’arte emergenti. Negli ultimi anni si dedica con passione alla scultura, producendo forme astratte in alabastro, marmo e bronzo. Le sue ultime mostre vengono allestite a Roma nel ’63 alla Galleria Russo e nel ’64, poco prima della morte prematura, alla Biblioteca De Nava di Reggio Calabria, dove aveva esposto nel lontano 1926. “Appena tre mesi prima che una crisi cardiaca lo spegnesse – scrive la figlia Alba –, il 4 marzo 1964, invitato a tenere una personale alla Biblioteca De Nava di Reggio Calabria, vi espose 33 opere e, benché molto sofferente, volle essere presente alla mostra, per ritrovare i luoghi della sue prime travagliate esperienze di futurista”.
Le sue opere oggi si trovano in importanti musei italiani ed esteri e in note collezioni private.